“… figlia del mattin, la bella
Dalle dita di rose Aurora surse”
Cosi Omero nel libro II dell’Odissea ci descrive Aurora, che annuncia il mattino e apre le porte al nuovo giorno. Così la volle raffigurata il cardinale Scipione Caffarelli Borghese nel 1614 per mano del pittore bolognese Guido Reni, nel casino che si affaccia oggi sulla piazza del Quirinale. Siamo negli anni del pontificato dello zio, Paolo V Borghese, e gli incarichi diplomatici e politici che il “cardinal nepote” ha accumulato grazie a questa parentela non sono sufficienti a soddisfare la sua ambizione e il suo ego. Scipione è anche un avido collezionista e accumula nelle maniere più disparate, lecite o no, dipinti e sculture di grandi maestri insieme a pezzi antichi, dedicandosi inoltre alla costruzione di nuove residenze per il casato e per se stesso. Nel 1610 il cardinale iniziò i lavori per una sua dimora privata a pochi passi dal palazzo pontificio del Quirinale: una villa di delizie, tra i resti delle antiche terme di Costantino, pensata per accogliere diplomatici e stupire i suoi ospiti. Una sequenza di casini, logge, giardini, fontane e un teatro d’acqua, dove passare il tempo in lietezza, immerso nella natura, tra poesia, musica e opere d’arte. Un capriccio forse, sicuramente un capriccio costoso e mai portato a termine, abbandonato dopo solo sei anni dall’inizio dei lavori. Scipione infatti, nel 1616, decise di vendere questa sua residenza al duca Giovanni Angelo Altemps. L’interesse del cardinale, le cure e i suoi denari erano ormai già rivolti ad un altro progetto: la costruzione di un casino presso Porta Pinciana, che sarebbe divenuto poi lo scrigno dove conservare la sua incredibile collezione. Così l’Aurora ben presto si ritrovò ad annunciare il nuovo giorno a nuovi proprietari: dopo gli Altemps seguirono il cardinale Bentivoglio, poi i Lante della Rovere, gli eredi del celebre cardinale Mazarino e ultimi, dal 1704, i Pallavicini Rospigliosi.
Oggi, come quattrocento anni fa, si può far visita ad Aurora attraversando un bellissimo e inatteso giardino pensile. Ci appare sulla volta del casino che prende il suo nome, circondata dai suoi figli, i venti Borea, Euro, Zefiro ed Austro, che continuano a soffiarle intorno, gonfiandole la veste dalle sfumature zafferano e rosate. La dea porta avanti da secoli ormai il suo compito: senza ali vola sopra il mare e precede il piccolo Fosforo, stella del mattino con la facella accesa. Continua a spargere fiori sulla terra, a simboleggiare il risveglio della natura e apre la strada al carro di Febo e alle Ore che lo circondano con il loro passo di danza, a cadenzare il trascorrere del tempo. Così Scipione probabilmente amava immaginarsi, come novello Apollo, protettore delle arti , alla guida del governo pontificio come di un carro, portatore di luce e progresso sotto il segno della famiglia Borghese.